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QUESTIONI DI CHIMICA DI GRUPPO

Decidere in gruppo è stimolante e allo stesso tempo difficile e complicato. Non solo perché i problemi che i gruppi devono risolvere sono, per definizione, difficili e complicati, ma anche perché occorre gestire in modo efficace il contrasto di idee, senza incrinare lo spirito di collaborazione tra i membri.

I tipici svantaggi del decidere in gruppo, oltre al disimpegno e alla partecipazione saltuaria, sono i tempi lunghi per giungere ad un consenso, l’influenza esercitata da alcuni membri, la tendenza a ricercare compromessi che soddisfino tutti, l’impossibilità di attribuire a qualcuno la responsabilità di un eventuale insuccesso. Alla luce di tutto questo risulta in certo modo legittima la diffidenza che spesso circonda le decisioni di gruppo. Nonostante ciò, la struttura delle organizzazioni del mondo contemporaneo sta rendendo sempre più indispensabile il ricorso a soluzioni messe a punto collegialmente, da più membri dell’organizzazione.

Ne deriva un interrogativo cruciale:

 Quali persone sono più adatte per costituire un gruppo efficace?

Una dimensione molto studiata, a questo proposito, è quella che riguarda eterogeneità vs. omogeneità dei membri. Varie ricerche hanno dimostrato che i gruppi eterogenei, composti cioè da persone con caratteristiche socio-anagrafiche, conoscenze e abilità differenti, hanno più probabilità di trovare al proprio interno la persona in grado di fornire l’informazione o la soluzione più adatta al problema. Rispetto ai gruppi omogenei, questi gruppi hanno prestazioni più elevate, sia nei compiti che prevedono una soluzione esatta (per esempio la scelta di un macchinario per ottimizzare la produzione), sia nei compiti di valutazione o creativi (per esempio scelta del logo tra quelli proposti dal grafico).

Esiste però un rovescio della medaglia: gli individui sono attratti soprattutto da persone che hanno atteggiamenti simili ai loro. Quindi, se un gruppo eterogeneo è più efficace nella soluzione dei problemi, esso presenta anche una ridotta coesione interna. Ci sono studi che hanno analizzato i gruppi eterogenei in vari settori di business e, ciò che risulta, è che questi tipi di gruppi sono quelli a più alto livello di turnover.

Tra l’altro i gruppi eterogenei tendono a trovare i sostituti dei membri in uscita più probabilmente all’esterno dell’azienda, al contrario dei gruppi omogenei che tendono a trovarli per vie interne.

Sembra nascere quindi un bel paradosso: un gruppo è tanto più coeso e unito, quanto più è elevato il livello di attrazione tra i suoi membri, ma l’elevata coesione e la conseguente elevata similarità di opinioni tra i membri non sembrano favorire l’efficacia del team, anzi sono considerate tra le principali cause delle tragiche decisioni assunte dai gruppi.

Insomma diventa tutto una questione di chimica del gruppo: il giusto equilibrio tra la diversità e la similarità dei membri. E qual è la formula giusta per creare il gruppo vincente?

Il segreto sta nel leader: egli deve imparare a mettere in risalto le diversità esistenti tra i membri, quando questi devono promuovere soluzioni creative e innovative e a sottolineare le somiglianze, in modo da favorire l’unità e la coesione interna. Il capo crea il punto di svolta, facendo rendere i collaboratori al meglio nelle diverse situazioni ed in diversi contesti.

 Questo perché conosce i membri del team e le risorse che possono essere messe in gioco.

Impariamo a conoscere alla perfezione chi ci circonda senza renderlo troppo simile a noi, ma evidenziandone anche i valori comuni.

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