L’OMEOSTASI DEI SISTEMI VIVENTI
Omeo che cosa? Parla come mangi per favore! Che parolone, ci vuoi sorprendere con qualche termine scientifico astruso.
La scorsa mattina mi sono imbattuto in questo termine e nella sua definizione:
L’omeostasi (dal greco ὅμοιος+στάσις, “uguale posizione”) è la tendenza naturale al raggiungimento di una relativa stabilità, sia delle proprietà chimico-fisiche interne che in quelle comportamentali, che accomuna tutti gli organismi viventi, per i quali tale regime dinamico deve mantenersi nel tempo, anche al variare delle condizioni esterne, attraverso precisi meccanismi autoregolatori.
Ne so quanto prima…..
L’omeostasi è quella forza che tende a far rimanere in equilibrio gli esseri viventi, a mettere in moto degli accorgimenti per lasciare invariata la situazione di fatto esistente. Possiamo definirla come il meccanismo che ci spinge a non cambiare. E’ da notare che tale tendenza non dice nulla sulla bontà e sulla positività della situazione d’equilibrio, essa potrebbe esser altamente disfunzionale e arrecare danno ai soggetti coinvolti.
Insomma anche se ci arrecano danno siamo spinti a ripetere costantemente dei comportamenti che abbiamo ormai appreso e fatti nostri, perché costituiscono ormai la nostra omeostasi. Questo principio è quello che ci impedisce dall’uscire dai circoli viziosi, che ci limitano e ci provocano infelicità. Il ripetere costante di comportamenti sperando di ottenere risultati diversi! Insomma quello che Einstein definiva come follia.
Si perché molto spesso noi siamo convinti che il nostro comportamento sia perfetto e che il problema sia l’ambiente che è ostile. “Sono gli altri che non mi capiscono, i miei capi che mi tolgono opportunità, la crisi che non lascia spazio a speranze di cambiare, è la concorrenza che è troppo aggressiva, la sfortuna che mi perseguita, il destino è già scritto”…. e altre valanghe di stupidaggini simili.
Siamo noi che costantemente costruiamo la realtà che ci circonda. Pertanto se questa non ci piace, cambiamola. La domanda più corretta è: cosa possiamo fare noi di diverso per ottenere soddisfazioni alla luce dell’ambiente ostile?
Come si vince dunque l’omeostasi?
La risposta è: la responsabilità del nostro agire, senza delegare agli altri le nostre decisioni, consapevoli che le paure si vincono mettendosi ogni giorno alla prova e spostando l’asticella sempre più in alto, in modo da sviluppare quello che chiamiamo CORAGGIO ossia il rivale principale dell’omeostasi e della resistenza al cambiamento.
Quando vogliamo dei cambiamenti, ma non li otteniamo significa che il coraggio è ancora troppo debole rispetto alla resistenza al cambiare. Indi dobbiamo provvedere a incrementarlo e trovare delle motivazioni all’agire più forti delle resistenze. Come si incrementa il coraggio? Agendo e facendo esperienze, scoprendo nuove conoscenze, prendendo consapevolezza delle implicazioni dell’agire e sentendo che siamo responsabili del nostro successo.
Il coach in questo contesto deve essere promotore del coraggio, agente del cambiamento, deve far acquisire nuove concezioni della realtà, nuove risorse e accrescere la fiducia in sé stessi. Nel percorso da A a B non guida ma accompagna, aiuta ad esplorare il territorio a dare nuovi significati alle cose.