Il gioco e il FLOW
A tutti prima o poi è capitato di perdersi mentalmente in un’attività che si sta affrontando, perché siamo talmente concentrati mentre la facciamo che perdiamo la cognizione del tempo e del luogo in cui siamo. Questo può succedere in qualsiasi ambito della nostra vita e normalmente ne prendiamo coscienza solo quando questo momento termina. Ci sono stati molti studiosi che hanno studiato questo stato mentale, perché normalmente è associato alla Peak Performance, al momento in cui mettiamo a frutto in pieno il nostro potenziale, quando tutte le interferenze alla prestazione scompaiono.
Raccogliendo le definizioni di Flow che ci arrivano da vari contesti si possono individuare degli elementi ricorrenti. Il poeta S. Perry lo definisce come una porta galleggiante nel nulla e l’unica cosa da fare è lasciarsi galleggiare in esso:

In ambito sportivo abbiamo la testimonianza di S. Jackson famosa pattinatrice olimpica che descrive il flow come un pilota automatico che la guida mentre tutti i pensieri spariscono:

L’ex CEO N. Augustine descrive il flow come uno stato di soddisfazione e divertimento per quello che si sta facendo, la consapevolezza di contribuire a qualcosa di più grande:

Lo stato di Flow è stato studiato da Mihaly Csikszentmihalyi, uno psicologo ungherese che ha scelto la felicità come oggetto dei suoi studi e ricerche. Questo studioso sostiene che: “I momenti migliori della nostra vita non sono tempi passivi, ricettivi, rilassanti … I momenti migliori di solito si verificano se il corpo e la mente di una persona sono spinti ai loro limiti, nello sforzo volontario di realizzare qualcosa di difficile e per cui ne valga la pena”.
Secondo Csikeszentmihalyi la felicità non proviene dalla fortuna, dal destino, dal caso e non è determinata da eventi esterni al di fuori dal nostro controllo. Nel corso delle sue ricerche ha anche dimostrato che la ricchezza non incide sul livello di felicità, se non nel caso in cui ci si sposti al di sotto del livello minimo. Il concetto è più semplice se facciamo un esempio: un povero che riceve una discreta somma di denaro vede aumentare decisamente il livello di felicità, una persona benestante che riceve una discreta somma di denaro non innalzerà significativamente la propria felicità.
Se la felicità non è legata ad eventi esterni, è legata alla nostra volontà? Quindi è legata a come ognuno di noi interpreta ciò che accade e ciò che lo circonda? Se così fosse possiamo affermare che è semplicemente una condizione che deve essere costruita e poi mantenuta nel tempo.
Lo psicologo ungherese è profondamente convinto che il “flusso di coscienza” o FLOW sia lo stato mentale, che può verificarsi in ambiti differenti che è il risultato della consapevolezza di cimentarsi in un’esperienza sfidante al pieno delle proprie capacità. Lo stato di FLOW presuppone quindi passione e creatività, il pieno coinvolgimento del potenziale della persona, il suo focus totale, la chiarezza dell’obiettivo da raggiungere e il coinvolgimento comune del corpo e della mente. Il tutto può essere rappresentato dal seguente grafico.

Per esemplificare e comprendere meglio immaginiamo di fare una partita di calcetto con la squadra A composta da dopolavoristi mentre la squadra B è composta da Messi, Cristiano Ronaldo, Neuer etc. .
Va da sé che la squadra A vivrà la sfida nell’area rossa del grafico e sarà soggetta ad alti livelli di Ansia e frustrazione in quanto la sfida è troppo elevata e il livello di competenza è troppo basso. La squadra B vivrà la sfida ovviamente nell’area azzurra della noia in quanto la partita è poco sfidante e le capacità sono estremamente elevate.
Ne ricaviamo il fatto che per entrare in uno stato di flusso ci deve essere un bilanciamento tra sfida e capacità in modo da restare nel canale mezzano del grafico, tenendo a distanza sia la zona rossa che quella blu.
Csikszentmihalyi teorizza che possiamo accedere allo stato di Flow se rispettiamo le seguenti condizioni:
- Bilanciamento sfida capacità;
- Integrazione tra azione e consapevolezza;
- Obiettivi chiari;
- Feedback immediato rispetto all’azione;
- Concentrazione totale sul compito;
- Nessun problema di controllo;
- Perdita del senso di sé;
- Perdita del senso del tempo;
- Esperienza autotelica (che ha la sua ricompensa in sé stessa)
Quindi il segreto per prendere controllo della propria felicità è quello di trovare un bilanciamento tra Ansia e Noia, di trovare spazio in quel corridoio che ci porta verso la nostra realizzazione e verso il meglio di noi stessi.
Immaginiamo un percorso nell’apprendimento di una nuova abilità/competenza, come, ad esempio, imparare una lingua. Cosa dovrà contraddistinguere l’approccio iniziale? Sicuramente si dovrà lavorare in un contesto di basse o nulle capacità (poche parole del vocabolario e grammatica inesistente) per cui l’obiettivo non dovrà essere troppo sfidante. Non si potrà pretendere la lettura di Shakespeare (ansia, frustrazione), al massimo potremo cimentarci in qualche dialogo basilare circa il nome, l’età o il lavoro. Un dialogo che comunque darà un senso di utilità rispetto a quello che si sta facendo. Più la conoscenza della lingua aumenta più la sfida deve crescere di egual misura, gli esercizi base non bastano più (noia) potremo cimentarci in qualcosa di più complesso e sfidante come leggere un libro per bambini o tenere una conversazione in lingua con delle persone che parlano fluentemente la lingua che vogliamo imparare. Se quello che vogliamo ottenere, imparare la lingua, ci motiva, ci appassiona, ci diverte, ci mette alla prova automaticamente aumenterà il livello di focus sul compito, la perdita del senso di sé e del tempo ed acquisiremo la consapevolezza circa la qualità del nostro agire. Tutto questo insieme ci porterà ad estrarre il meglio del nostro potenziale ed a raggiungere più efficacemente i nostri obiettivi.
Un individuo che raggiunge lo stato di Flow sfrutta al massimo il suo potenziale.
Se, invece, la prestazione fosse il risultato dell’agire di un gruppo di individui? Come è possibile far convergere le prestazioni di tutti in un flusso unico del Team? E’ molto tempo che mi faccio questa domanda e l’esperienza mi dice che spesso lo stato di grazia individuale non è sinonimo di alta prestazione di gruppo. Soprattutto spesso risulta difficile portare tutti i membri del team contemporaneamente in uno stato di Flow. A questa domanda ho trovato recentemente una risposta partecipando in primis ad un workshop LEGO SERIOUS PLAY e studiando successivamente la metodologia per diventare facilitatore certificato.
Il gioco serio è la risposta.
Il team ha più possibilità di entrare in uno stato di Peak performance. Si parte da un lavoro individuale e si arriva ad una condivisione di gruppo, tenendo sempre ben equilibrate sfida, competenze e divertimento. Quando i partecipanti prendono parte ad un workshop LSP, provano quello che molti chiamano “un giro sulle montagne russe”. Essi percepiscono livelli di comfort diversi man mano che si muovono attraverso il processo e le sfide. I processi sono stati creati deliberatamente in questo modo per aumentare di gran lunga la possibilità che avvengano cambiamenti reali e apprendimento a lungo termine, insieme ad una profonda sensazione di realizzazione. Attraverso il processo in cui i modelli individuali vengono uniti per formare un modello condiviso della realtà, il singolo mette al servizio del gruppo le proprie idee e opinioni e in definitiva partecipa e perfeziona uno stato di flow di gruppo e tutto questo avviene grazie alla magia del gioco serio.
“Il divertimento e l’apprendimento sono le due facce della stessa medaglia. Possiamo vedere come gli adulti sembrino più felici quando imparano in maniera più efficace e possiamo addirittura affermare che “l’apprendimento efficace viene vissuto come divertente” tanto da essere la modalità di apprendimento largamente riconosciuta come preferita dall’essere umano. L’apprendimento efficace è quello che avviene quando siamo genuinamente impegnati in qualcosa, quando facciamo qualcosa che desideriamo davvero fare” (Csikszentmihalyi 1991)