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ESSERE LEADER

“Perché i miei collaboratori non fanno semplicemente quello che dico io?”

Quante volte abbiamo sentito un manager proferire queste parole, lamentarsi e constatare quanto sarebbe più facile la sua vita se i collaboratori semplicemente capissero al volo…

In tutti gli studi di comunicazione è chiaro che la responsabilità del messaggio che si vuole inviare è del mittente, quindi, non è forse responsabilità del manager far sì che gli altri capiscano al volo?

Fin dalla preistoria l’uomo si è dato un’organizzazione di tipo gerarchico: i valori e le scelte dipendono in larga misura dai livelli superiori. Si è soliti orientarsi e adattare il proprio comportamento in base ai segnali e agli stimoli che arrivano dal capobranco. Si può dedurre quindi che i collaboratori agiscono allineandosi al comportamento del leader.

Quello che molti leader non valutano è che i messaggi che inviano non escono solo dalla nostra bocca, sotto forma di parole, ma si possono dedurre dal linguaggio del corpo e dall’esempio che si dà nell’agire.

Sono le piccole cose, ad avere l’impatto maggiore.

L’esercizio che faccio fare per recuperare consapevolezza di ciò che viene percepito dai collaboratori è quello di far tornare mentalmente l’attuale manager agli inizi della sua carriera, quando si trovava lui ad un livello gerarchico inferiore. Cosa succedeva al tempo? Quali erano i pensieri? Quali le preoccupazioni? Come si interpretava l’atteggiamento del capo?

Possiamo immaginare questi dialoghi interiori: “Ha sorriso. Significa che ha apprezzato la mia analisi del fatturato o significa che vuole farmi fuori ed è soddisfatto di questa decisione?”, “Durante la presentazione del mio nuovo progetto si è accigliato e rabbuiato, passerò il week-end a rielaborare completamente il mio lavoro…” o “Quando l’ho incrociato nel corridoio non mi ha salutato con la solita energia sicuramente mi deve dare qualche brutta notizia…”

Quante volte può succedere che il capo ha mal di testa e ha un’espressione infastidita e i collaboratori reagiscono inviando curriculum ad altre aziende?

La leadership si afferma anche con esempi concreti, frutto della coerenza tra il dire e l’agire. Pensiamo ad un leader molto pignolo sulla puntualità nelle riunioni che arriva sempre in ritardo…. Che messaggio sta mandando? In questo caso è sicuramente più forte il messaggio dell’agire che quello del dire. Particolare rilevanza hanno inoltre anche quello che non si fa e quello che non si dice. Avete mai dimenticato un compleanno di una persona importante o l’anniversario di matrimonio? Il silenzio può avere lo stesso potere dell’azione. Anche in questi casi si inviano messaggi inconsapevoli che, se trascurati, possono avere conseguenze non positive.

La domanda che sorge spontanea è: cosa si aspettano i collaboratori? E la risposta può venir fuori se si pensa di cosa avevamo bisogno noi quando siamo o eravamo follower. Se penso ai miei trascorsi sicuramente ciò a cui davo importanza erano:

  • Quando viene svolto un buon lavoro ci si nutre dell’apprezzamento del proprio superiore. Questo può avvenire in forme diverse, sia in pubblico che in privato, la costante è che si sappia che il proprio contributo è stato apprezzato.
  • E’ molto importante ricevere indicazione di quando il proprio lavoro non è stato svolto correttamente. Questo non solo come cultura del miglioramento, ma anche come indice di attenzione nei confronti dei collaboratori. Questo anche se a volte non è né simpatico né facile perché non si risulta popolari.
  • I collaboratori si aspettano di essere trattati con gentilezza. Questa è normalmente riconosciuta come sintomo di rispetto. Se sistematicamente non dimostriamo cortesia e rispetto le persone reagiranno di conseguenza. Un “grazie” ed un “per piacere” nonché un sorriso e uno sguardo negli occhi possono nutrire i collaboratori e farli sentire importanti.
  • Quante volte il capo ascolta i propri collaboratori veramente? E con ascolto non si intende semplicemente fare silenzio per consentire all’interlocutore di proferire parola, avendo già deciso cosa rispondere a prescindere. Ascoltare significa vedere la realtà con gli occhi dell’altro, senza giudizio, senza preconcetto, senza etichette e soprattutto dimostrando con il proprio agire che si è compreso il punto di vista degli altri. Ascolto significa anche non prendere le decisioni senza interagire con i collaboratori, ma condividendo e aprendosi al confronto.
  • I collaboratori vogliono essere informati, sia delle buone che delle cattive notizie. Non condividere quest’ultime per paura di abbatterne il morale non porta risultati positivi, anzi apre la via al pettegolezzo e al brusio di sottofondo. Condividere apertamente e direttamente le notizie negative serve invece a compattare le truppe, ad unirle contro la minaccia comune.

Insomma il leader è sempre al centro dell’attenzione, tutti lo osservano, tutti sono pronti a riceverne i messaggi sia espliciti che impliciti, e lo stesso di conseguenza deve ben analizzare i suoi atteggiamenti, il suo linguaggio, le sue reazioni, il suo umore e il suo stato emotivo, per indirizzarli verso gli altri con trasparenza di intenti e di valori. Esiste nella savana africana un detto, “se riuscirai a vedere il 20% degli animali che hanno visto te durante un’escursione sarai un uomo fortunato”, io lo adatto al buon manager:

“Se riuscirai a essere consapevole del 100% dei messaggi che invii ai tuoi collaboratori allora sarai un buon manager”

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